Festschrift: Giovanni Salonia – Una via per l’Amore

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Festschrift: Giovanni Salonia – Una via per l’Amore

Pubblicato in: Avere a Cuore, scritti in onore di Giovanni Salonia, a cura di Valeria Conte e Antonio Sichera, Ed. San Paolo, 2019

Gestalt tra Salonia e Perls

Pur nelle nostre diversità penso che Giovanni Salonia potrebbe condividere l’idea che la Gestalt, oltre che una psicoterapia, può essere considerata un insegnamento. In effetti F. Perls maturò varie conoscenze, che vennero dalle arti, dalla filosofia, e da tradizioni europee che si incontrarono con quelle orientali in un mondo nuovo, l’America del nord. Furono impliciti nelle sue proposte teorico-esperienziali modi di pensare e di leggere la realtà, ispirazioni, quasi un vademecum, da utilizzare per meglio occuparsi delle cose concrete dell’esistenza. Mi ha sempre colpito l’attenzione, a volte disperata, che Perls mise nel cercare il senso della vita, una vita che visse intensamente, e il suo essere profondamente umano nel mostrare le durezze, i limiti e le passioni che lo coinvolsero. Mi affascinò, da quanto leggevo e dai racconti di chi lo conobbe, la forza del suo impatto con le persone che incontrava, ci si perdeva nel suo sguardo, ci disse R. Hall. E’ stato un grande stimolo per me il coraggio di Perls e di allievi diretti e non, che hanno insegnato e insegnano la sua via, con l’esempio del suo fare: una cultura che professa ideali concreti. Niente di perfetto in lui, ma un continuo stimolo ad essere consapevoli. Con il tempo appresi, anche grazie agli insegnamenti di C. Naranjo, che quanto più aumentano i momenti di presenza consapevole, tanto più cresce la capacità di rispondere in maniera congruente alle circostanze contingenti, assumendosi una piena responsabilità dei propri atti. Anche di quelli che diciamo involontari ma che senza volere producono conseguenze sugli altri e fanno male.

 

Invito alla trasparenza

E’ stata una grande sfida per me l’invito alla trasparenza e alla spontaneità, una bella scoperta il poter sentire sollievo e non ricevere critiche o rifiuti, dopo aver tolto la maschera. Il mondo esterno li coglie i nostri vissuti nascosti e risponde poi alla sua maniera. Spesso sono comunicazioni sottili al di là del verbale quelle che trasmettiamo, e possono avere un forte impatto con reazioni inaspettate che ci sembrano fuori luogo. Ma osservando come si svolge la comunicazione è possibile scoprire una nostra responsabilità. Ci sono forme di svalutazione inconsapevoli da cui nascono giochi psicologici che terminano con stati emozionali negativi. E per questo non do spazio ad espressioni del tipo: sì… ma, però…, non volevo. Nell’invito alla trasparenza, alla capacità di mettersi in gioco, a rischiare e a superare i limiti, c’è una profonda fede nell’essere umano e nei suoi potenziali di trasformazione.

La Gestalt e i suoi modi di operare aiutano a comprendere cosa voglia dire esser parte di un tutto universale. C’è tanta implicita spiritualità nella sua visione. Quando si è nel qui e ora, quando si vive il momento, non c’è spazio per la nevrosi, né per l’ego o per il carattere. Il qui e ora prevede una piena presenza e il contatto con il vuoto fertile, che non è una teoria, ma un quid che si sperimenta.

Associato alla consapevolezza il vuoto può essere un punto di arrivo, ovviamente provvisorio, poi ci vuole esercizio. I nostri pazienti hanno la fortuna di poter cogliere questo livello di conoscenza grazie a svariate pratiche che permettono di attivarlo, dando allo stesso tempo più significato alla vita. E’ una visione che va ben oltre la cura del sintomo o gli affanni della quotidianità, ma non per questo dimentichiamo di trattare i nostri malesseri. E’ ovvio, vogliamo soffrire meno, ma allo stesso tempo possiamo apprendere dalle nostre sofferenze: che messaggi ci danno? Anche se può apparire strano a chi non sa, è un grande strumento identificarsi in parti di sé, dar voce alla mano che trema, o permettere che lo stomaco bruciando esprima le sue ragioni.

 

Far nascere nuove consapevolezze per incontrare il nuovo

Da qui nascono consapevolezze che ci fanno sentire più veri, più reali, e soprattutto stimolano nuove prospettive. E poi ci vuole il coraggio di passare il limite andando all’azione, al di là degli adattamenti che vengono dal passato. Allora sì, è possibile incontrare il nuovo. Si entra in contatto con altre opportunità sconosciute o nascoste nel profondo, e tutto intorno cambia. Di fatto non è cambiato niente, è cresciuta la chiarezza ed emerge una visione delle cose più in linea con la realtà attuale. Cresce l’autonomia e diminuisce la dipendenza. L’esistenza si muove e fluisce nella relatività.  Se c’è accettazione, nello scorrere delle cose, c’è anche amore. Ricordo quando durante una tavola rotonda, in cui c’era anche Giovanni, parlando di Caos e Ordine, un tema che mi intriga e impronta la mia terapia, citai Henri J.M. Nouwen, l’autore dell’abbraccio Benedicente. Un sacerdote che racconta di aver infine compreso il suo mandato e cambiato vita, dopo aver guardando un quadro di Rembrandt: Il ritorno del Figliol Prodigo. Catturato dalle immagini senza intendere il perché si fermò in una lunga contemplazione. Comprese che nel suo essere sacerdote mancava qualcosa. Niente a che fare con la grande cultura teologica che aveva o con l’essere un brillante e conosciuto conferenziere. Grazie al pittore, alla forza della sua arte, aveva incontrato sentimenti d’amore mai vissuti prima. Ne rimase sconvolto. Nell’opera di Rembrandt il padre riceve il figlio che, tornato, gli sta in ginocchio davanti e sulla schiena del giovane si vedono, poggiate, le mani del vecchio genitore.  Quello che colpì Nouwen, dopo lunga osservazione, è che le mani erano diverse l’una dall’altra. Una più grande, più forte, una forma maschile e l’altra più sottile, contenuta, più delicata: una mano femminile. Entrambe appartengono a quest’uomo saggio che esprime il suo amore, accogliendo il figlio che ritorna dopo essersi smarrito. Il maschile e il femminile vanno insieme, e così integrati, danno vita ad un amore pieno. E’ questo che cerchiamo in Gestalt: l’integrazione, ovvero una tendenza che riporta all’unità.

Durante il mio racconto Giovanni annuiva, conosceva la storia, e pronunciò il nome dell’autore. Lo sentii come un momento in cui il pubblico era preso, e di profondo contatto tra noi. Sono quelle le mani del padre: una ci accoglie e l’altra ci guida. Qualsiasi sia il padre: il maestro, Dio, l’universo, il vuoto fertile, la natura della mente. Credo che la Gestalt di F. Perls abbia toccato questi livelli e che in qualche modo, alla sua maniera, Fritz abbia indicato la strada. C. Naranjo, che considero un mio maestro, ne ha raccolto e portato avanti l’eredità.

Per altri versi, nella mia terapia, che a volte ho chiamato la mia Gestalt, do molto valore alla struttura, senza perdere l’attenzione per la natura profonda di quel vuoto da cui ogni cosa nasce, quella struttura che lo stesso Perls cercava, pelando la cipolla, e favorendo il suo emergere da un processo spontaneo. Ho voluto aggregare alla mia Gestalt delle linee guida copionali, alle quali anche Perls faceva riferimento, descrivendo lui stesso come si organizzano gli adattamenti nella nostra infanzia. E linee guida caratteriali, che vengono da antiche tradizioni sull’Enneagramma, con il suo approccio alle passioni, alle fissazioni e alle virtù, mutuate da un cristianesimo delle origini.  Entrambe queste vie offrono percorsi tracciabili e perseguibili, che senza togliere spontaneità e creatività al processo terapeutico, permettono una conoscenza saggia di come funziona una persona e delle forme di liberazione di tipo più spirituale, meditativo o contemplativo, che facilitano l’uscita dalle trappole egoiche.

 

Conclusioni verso l’amore

Fondamentalmente ho cercato come Giovanni di dare senso alla mia vita e di essere utile, insegnando ad altri quanto ho appreso e vado apprendendo. Negli ultimi anni abbiamo avuto delle esperienze molto buone insieme, con i nostri compagni di viaggio, grazie a quella FISIG che tanto tempo fa abbiamo fondato. Mi è piaciuto come dagli attriti e dalle incomprensioni siamo passati, pur nelle differenze, ad una capacità di incontro e di collaborazione che, giorno per giorno, apre sempre più spazio alla conoscenza del nostro approccio. Tutti vogliamo che si riconosca la ricchezza della sua visione e la sua efficacia clinica. La nostra è una terapia del tutto originale e non assimilabile ad altre scuole o movimenti. Abbiamo organizzato congressi con la presenza di molte persone, insieme ai nostri allievi e collaboratori, e come direttori di scuola abbiamo mostrato i nostri modelli, facendo sedute improvvisate davanti a tante, tante persone. Siamo come una famiglia teatrale, con conflitti, differenze, ma quando si va in scena quello che conta è cosa diamo al pubblico, e lì lo facciamo proprio bene. Nel tuo settantesimo compleanno siamo compagni nel mondo degli anziani, dove io sono già da un po’, e ti auguro ancora tanta lucidità, tanta voglia di crescere e di offrire le tue conoscenze.