Un esempio di integrazione tra psicoterapia della Gestalt e Analisi Transazionale

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Un esempio di integrazione tra psicoterapia della Gestalt e Analisi Transazionale

“L’integrazione può essere una via di crescita e di sviluppo per una psicoterapia che sia coerente con i nostri tempi”.

 

L’integrazione

L’integrazione può essere una via di crescita e di sviluppo per una psicoterapia che sia coerente con i nostri tempi, nei quali la varietà dei fenomeni sociali e psicologici propongono al terapeuta problematiche molto più articolate che negli anni in cui i nostri modelli di scuola ebbero origine. Ritengo tuttavia che integrazione o eclettismo, non debbano significare semplicemente mettere insieme.

Nel mio approccio di Gestalt e analisi transazionale, l’identità delle origini viene conservata e le forme integrative, che provengono da più parti, sono assimilate con coerenza alla specificità della filosofia della Gestalt Therapy e alla sua visione dell’uomo, così come la proposero F. Perls e i suoi allievi più diretti e particolarmente Claudio Naranjo.

L’analisi transazionale, con filosofia simile, mi ha permesso di recuperare le matrici psicoanalitiche della stessa Gestalt, che Perls aveva molto radicate, ma che rimasero in ombra negli sviluppi successivi dell’approccio. Naturalmente i modi dell’analisi transazionale, a partire dal suo fondatore, Eric Berne, propongono un modello e una visione dell’uomo di tipo fenomenologico ed esistenziale, così come la Gestalt.

 

Gestalt e Analisi Transazionale

Gestalt e analisi transazionale si influenzarono reciprocamente. La prima si caratterizzò per la sua tendenza soprattutto esperienziale e l’analisi transazionale come modello prevalentemente analitico. Il loro incontro, mantenendo una coerenza filosofica e teorica di base, permette un ampio spettro di intervento e la possibilità di agire efficacemente su due livelli: il processo e la struttura, dando attenzione all’immediatezza dell’esperienza per poi focalizzarsi sulle regole che la organizzano e quindi sul “copione di vita”.

La Gestalt, a partire dai suoi impliciti contenuti di tipo spirituale, sviluppò anche un filone transpersonale. L’analisi transazionale, più mirata contrattualmente, si rivolse alla soluzione di problematiche nel qui ed ora e più profondamente alla ristrutturazione della personalità. Dall’integrazione delle due scuole nasce un approccio complesso, capace di affrontare la patologia e di occuparsi della crescita e dello sviluppo personale. Nel mio modello prende spazio rilevante una caratterologia che viene da antiche tradizioni: la psicologia degli enneatipi.

L’integrazione dei modelli, ribadisco, non costituisce un mero eclettismo, ma viene sostenuta da una specifica visione dell’uomo.

 

Le origini della Gestalt

Alle sue origini, la psicoterapia della Gestalt si chiamò “terapia della concentrazione“, così come lo stesso F. Perls definì il modello che andava elaborando staccandosi dalla psicanalisi. Perls propose una visione del comportamento umano che si poggiava sulla presenza, nella condizione umana, di uno stato di coscienza al quale mai si era guardato prima, uno stato di vuoto, il “vuoto fertile”, dal quale origina tutta l’esperienza.

È proprio l’accedere a questi stati, attraverso la concentrazione, non intesa come sforzo ma piuttosto come interesse o curiosità focalizzata, che attiva il cambiamento e permette di trasformare il mondo delle introiezioni e degli adattamenti, effetto dell’incontro dell’individuo con il suo ambiente, in modi di essere, pensare ed agire coerenti con l’esistenza attuale.

La meta viene raggiunta attraverso il conseguimento di un atteggiamento flessibile che facilita il vivere nel processo, nel divenire, piuttosto che lo stabilizzarsi sulla rigidità delle strutture che organizzano le mappe esistenziali.

Il processo di crescita personale facilita il recedere dagli stati di malessere psichico e si basa su un lasciarsi andare, accettare ciò che è, e non sullo sforzo del cambiamento. Di qui derivano tecniche e metodologie rivolte a disarticolare i conflitti interni e a facilitare l’integrazione delle esperienze, i molteplici sé in lotta tra loro.

L’integrazione delle parti scisse arricchisce e unifica la personalità. La meta finale è il recupero dello stato di vuoto, che pacifica la mente e di conseguenza l’organismo intero, preparando a nuove esperienze. È lo stato di vuoto creativo che alimenta e dà pienezza all’esistenza. L’attenzione è rivolta al presente, a ciò che effettivamente avviene, piuttosto che alle forme ereditate dal passato.

L’analisi transazionale, d’altro lato, offre un bagaglio di teorie e pratiche operative che permettono di accedere alle strutture che governano rigidamente la personalità. La comprensione delle regole che sostengono il “copione di vita”, facilita la possibilità di disarticolare, cognitivamente, emozionalmente e nel comportamento, il carattere di base e di aprire prospettive e nuovi flussi esperienziali. La consapevolezza produce l’azione. La molteplicità delle tecniche e delle metodologie che i modelli integrati hanno elaborato infine sono supporti. È la relazione terapeutica il fattore principale del cambiamento. Il rapporto unico che si stabilisce tra paziente e terapeuta, al di là delle teorie di riferimento e delle prassi utilizzate che restano importanti appoggi, ma vanno assimilate, diventando un tutt’uno, al di là del ruolo, con la persona terapeuta.