GATES – un modello integrato per la cura

GATES – un modello integrato per la cura

“Gates, passaggi, è frutto di un’integrazione che dà vita ad un tutto unitario di Gestalt, Analisi Transazionale, Enneagramma e Spiritualità”.

 

Sono uno psicoterapeuta impegnato nella cura di persone e gruppi in diverse aree della salute mentale. Il concetto di cura, nel mio modello di psicoterapia, ha significati ampi e non si limita a trattare sintomi e disturbi, frutto di disagio psichico. L’attenzione è rivolta anche alle condizioni ambientali nelle quali il malessere emerge e quindi agli aspetti culturali e sociali che ne sono alla base. Sono centrali in questo approccio i valori della crescita e dello sviluppo personale del paziente. Il tutto è guidato dalla profonda convinzione che, al di là di limiti e patologie, l’essere umano è ricco di potenziali e qualità che tende a non riconoscersi e pertanto a non utilizzare, fino a negarle, in tante maniere diverse, secondo come si sono organizzati il carattere e copione di vita.

 

Guardo alla personalità come ad un insieme di corpo, emozione e mente, le tre forme basiche, interconnesse; la Gestalt, cioè la complessità, attraverso la quale si manifesta l’esistenza, in tutti i suoi aspetti. La natura profonda guida all’equilibrio, all’autoregolazione organismica. Sono poi le circostanze, gli eventi contingenti, che intervengono nell’esperienza di vita e ne interrompono il libero fluire. Creano impedimenti nella soddisfazione di bisogni fondamentali e producono malattia.

 

L’ispirazione viene da varie fonti e tradizioni di saggezza. La conoscenza di sé e delle ragioni profonde dei propri malesseri facilita la salute psicofisica e consente un più rapido recupero in caso di infermità. 

La mia scuola è frutto della integrazione di più orientamenti, quali la psicoterapia della Gestalt, la terapia corporea e l’Analisi Transazionale. Ma anche uno studio approfondito e una pratica concreta della psicologia degli Enneatipi, ovvero dell’ Enneagramma, così come degli insegnamenti di scuole di meditazione, tra le quali in particolare lo Dzog Chen.

 

Quelle della Gestalt e dell’Analisi Transazionale sono psicoterapie che hanno avuto diverse influenze, tra le quali la psicoanalisi, l’esistenzialismo, la fenomenologia e in generale i valori della psicologia umanistica. Seguono principi che favoriscono il vivere con pienezza la propria esistenza trasformando in vissuti reali le comprensioni e le consapevolezza che emergono dal processo terapeutico. Pur profondamente rinnovate e per certi versi rivoluzionari rispetto alla visione psicoanalitica classica, sono psicoterapie dinamiche che danno attenzione all’organizzazione interna e alle strutture profonde della personalità

 

Come accennato il mio è un modello di terapia che ha una visione ampia, non si occupa solo di cure sintomatiche. Non è sufficiente che scompaiano il panico o la fobia, per ritenere concluso un processo terapeutico. La recessione del sintomo è una tappa importante ma non conclude il processo. Il motto di Eric Berne, fondatore dell’Analisi Transazionale, fu “prima cura”, e portò nel mondo della psicoterapia una visione che mira al concreto, a fronte dei modelli psicoanalitici che finivano per perdersi in lungaggini intellettuali. Per queste ragioni anche Friederich Perls, il fondatore della Gestalt, si allontanò dalla psicoanalisi, da quel mondo nel quale si era formato, per poi esercitare la sua pratica clinica. Il prima cura è un invito ad occuparsi innanzitutto della sofferenza. È sul malessere reale che il paziente chiede aiuto. Non gli interessano le interpretazioni o le teorie che si articolano intorno al sintomo: vuole guarire, e oggi è sempre più su questo il nostro focus.

 

La Gestalt- Analisi Transazionale, fin dalle origini, anni ’50-’60, proposero tecniche e modalità di lavoro associate a forme di relazione paziente-terapeuta, che favoriscono interventi più rapidi ed efficaci rispetto all’analisi classica, senza perdere lo spessore e la pregnanza di una terapia del profondo. La psicoterapia non è per le élite, ma assume sempre più una funzione sociale. Ma questo non fa perdere di vista che una fobia, uno stato depressivo, una gastrite o un disturbo psicosomatico in generale abbiano una loro storia. È questa la storia che vogliamo conoscere. 

Ci sono motivazioni profonde che producono il sintomo: è necessario che emergano e diventino consapevoli. Strutturano non solo lo specifico malessere, ma l’intera personalità. È quindi importante conoscere le cause che sostengono i conflitti per operare nuove scelte. Che siano forme di obbedienza passiva, attitudini ribelli o agiti violenti, è fondamentale recuperare i potenziali nascosti, i bisogni e le necessità rimasti insoddisfatti. 

Occorre risvegliare stati emozionali, rabbie, dolori e paure represse, che in qualche tempo della nostra vita furono proibiti. È necessario apprendere ad agire in maniera congruente alla realtà attuale, con quegli stati di coscienza che rispondono ai bisogni del qui e ora. Ci vuole coraggio per lasciare gli adattamenti infantili, e il terapeuta ha un ruolo importante in questo: dà permessi, mette forza, potenza, nei suoi interventi, e protezione, come raccomanda l’Analisi Transazionale. A volte si propone come genitore che guida e a volte come un bambino che condivide desideri ed emozioni, e in generale come un adulto maturo e competente che indirizza verso l’autonomia, per dar vita ad una persona responsabile della propria esistenza, dei propri atti e delle proprie azioni, fino a vivere l’intimità consapevole. È parte del processo di crescita comprendere profondamente che gli adattamenti per un tempo hanno protetto, permettendo di avere un posto nel proprio ambiente, mentre oggi sono una prigione, comportano fissazioni a modelli di vita che condizionano e limitano. Frenano la possibilità di operare nuove scelte che rispondano a necessità e bisogni attuali. Si resta legati a vecchi copioni di vita. Uomini e donne, giovani e anziani, legati ad un passato che non c’è più o proiettati in un futuro solo immaginato, portano in sé Stati dell’io arcaici, in pratica i bambini che furono. 

È in queste storie che affondano le radici del sintomo, frutto di un conflitto tra bisogni o desideri, ai quali si oppongono i divieti che il bambino riceve, in maniera diretta o implicita, nei primissimi anni di vita. Quindi nelle prime fasi evolutive. È un tempo nel quale gli stimoli che vengono dal mondo esterno sono vissuti in maniera forte, fino ad essere incorporati, cioè entrano a far parte di sè. Questo fenomeno, che viene da un principio conservativo, necessario per la sopravvivenza, da un lato crea protezione e dall’altro pesanti condizionamenti che, se non vengono elaborati e poi assimilati, dando vita a nuove forme, con il tempo si possono tradurre i problemi fisici, forme ansiose, paure di vario tipo e così via. 

I primi adattamenti forzati si organizzano quando il bambino naturale o libero, come lo definiva Eric Berne, entra in contatto con il primi no. Questo avviene in vari momenti, anche in maniera non esplicita. L’esperienza più evidente si può osservare quando il bambino, per natura curioso, spontaneo e creativo, vuole conoscere il suo “intorno” sperimentando gesti e comportamenti. Diventa un piccolo esploratore che si muove per ogni dove e così facendo entra più chiaramente in contatto con i divieti che vengono da genitori, famiglia, cultura e società. Tutti ne riceviamo, l’essere umano è limitato; non c’è il genitore perfetto e neanche il bambino lo è, per quanto naturale esso sia. 

Qui si apre un discorso più ampio, che non tratterò, e riguarda l’accettazione del limite. La terapia avrà anche questa funzione, far comprendere profondamente che ci sono limiti naturali che vengono dall’essere umani e, quando sono accettati ed entrano a far parte della nostra esistenza, paradossalmente aiutano a conoscerci di più e a superare le minoranze in direzione di una vita più consapevole e più in contatto con la nostra natura profonda. 

Questi aspetti dell’essere rientrano nella mia visione terapeutica, è utile dargli spazio. In ogni caso i sintomi, come già accennato, prendono forma ed hanno connotazioni differenziate. Non soltanto al livello del corpo, ma anche negli aspetti emotivo-sensoriali e di pensiero, che il bambino fin da piccolo organizza, creando propri schemi comportamentali, proprie maniere di entrare in relazione, propri modi di leggere e capire come funziona il mondo. 

Nella psicoterapia della Gestalt il sintomo viene considerato un atto creativo. Un dolore fisico, una malattia, un attacco di panico o un senso di abbandono che si ripete nel tempo, anche quando l’abbandono non c’è, di fatto sono letti come messaggi che l’organismo, nella sua complessità, invia per richiamare l’attenzione di chi ne soffre a prendersi la responsabilità di quanto nella sua vita non funziona. È la malattia stessa che suggerisce come dare spazio a quanto dietro lo stesso sintomo si nasconde, a quelle carenze che reclamano fino a produrre danni, che poi tendono a cronicizzarsi. 


Il mio modello, che oggi sempre più chiamo Gates, passaggi, è il frutto di una integrazione, che dà vita ad un tutto unitario, di Gestalt, Analisi Transazionale, Enneagramma e Spiritualità. L’attenzione va al corpo e alle sensazioni, all’energia e alle emozioni, al pensiero e alla mente, anche nella sua natura più profonda.